Dylan Dog Old Boy 7 (Quando il mostro è in vacanza – Voci dal fondo)

Adoro Dylan Dog. Questo sia chiaro. Lo adoro fin dal 1986 quando mio padre, per il mio decimo compleanno, mi portò in edicola a comprare “tutti i fumetti” che volevo. E spuntò lui, pistola alla mano accerchiato da un gruppo di zombi. Era L’alba dei morti viventi e, lo ammetto senza problemi, non conoscevo il Dawn of the dead di George Romero, ma quella storia, quella paurosissima storia, mi incantò. Da allora non ho mai smesso. Non l’ho fatto quando le storie di Dylan Dog non erano quelle che avrei voluto leggere, ma stavo crescendo e probabilmente io non piacevo più a lui, cosa reciproca. Non l’ho abbandonato quando il lavoro non ingranava e, cazzo, anche quegli euro non più lire erano necessari. La magia di Dylan Dog era di farmi azzerare il tempo, di non farmi pensare al domani, anche se saltavo il pranzo per leggerlo. Sia messo agli atti: non mangiavo e comunque non dimagrivo. Mistero della fede? Dylan Dog probabilmente, maledetto inglese, mi ingozzava di pudding di nascosto, mentre dormivo. Il pudding, il suo penthothal come un Diabolik per ciccioni. Che poi chi sono io per decidere cosa sia giusto o sbagliato? In quale gorgo ci trascina l’amore nelle sue diverse sfumature di male necessario, disperato e amorevole, strambo e un po’ buffo? Quando un’infermiera si trasforma da compassionevole angelo ad una diversa declinazione di pietà, fatta di aria nelle vene e dolce sonno?  Molto sclaviano e surre(n)ale.

Non ho mai abbandonato la camicia rossa, i jeans e le clark, anche a 44 anni e 2 figli, solo con il buongusto di alternarli ad altro. Gli abiti, ovvio, non i figli.

Sono uno di quelli che il film con Brandon Routh non mi è dispiaciuto, sapevo che non era il mio Dylan Dog ma poteva andare peggio. Groucho direbbe, per citare Marty Feldman, “Certo, potrebbe piovere”.  E non è un caso che ora ci siano temporali spietati.

Mi piace il ciclo 666, detestato dai più: ho adorato il Dylan Dog con la barba, strafottente e donnaiolo. Ecco quello era il mio Dylan Dog, quello che non leggevo da Caccia alle streghe, quello che ancora guarda horror e non mi fa pistolotti moralisti alla Prezzemolo di Gardaland. Certo è durato poco, Dylan la barba se l’è tagliata, potevo farlo anch’io ma ho resistito. Diciamo che poteva andare… Basta Groucho!

Non ho mai amato particolarmente Dylan Dog Old Boy ma mi faceva impazzire lo stesso. Strano, eh? Mi piaceva così tanto che, anche nella sua precedente reincarnazione, tre storie e il nome Maxi, mi teneva incollato alla lettura. Io devo dirlo qui, faccio coming out, oltre a Dylan Dog, io amo il duo di disegnatori Montanari e Grassani. Li amo da quando mi hanno terrorizzato con Le notti della luna piena, con gli zombi romantici de La zona del crepuscolo, li ho amati mossi da Sclavi (e chi non l’avrebbe fatto?), da Chiaverotti e da tutte quelle firme che si sono alternate negli anni. Dylan Dog per me è Montanari e Grassani, come lo è Corrado Roi o Giampero Casertano (che bello Attraverso lo specchio), ma io amo, è il mio DNA monogamo, solo Montanari e Grassani. Malgrado lo stile che negli anni ha subito per molti un’involuzione, ma che io vedo come astrattismo, come un’evoluzione verso un fumetto più autoriale, sbrigliato dal disegno carino e precisino. No il duo del male, i signori dei chiaroscuro esagerati, sono sempre più vicini, sperimentazione per sperimentazione ad uno stile da Zora la vampira, sporco, cattivo, prezioso e non per tutti.

Questo Old Boy numero 7 ne è la prova lampante, ma lo era anche il precedente numero 1. I disegni sovrastano storie trascurabili di Gabriella Cossu e di Bruno Enna. I disegni, a volte sgraziati, sono ipnotici, e ti spingono alla lettura. Basti guardare la tavola intera a pagina 171 ci tutti quei dettagli che ad un primo sguardo distratto perdi ma invece, come opera pittorica, ci sono, nascosti in pieghe della carta che ora sembrano carne pulsante.

Ad aiutare il duo ci pensa una brava Patricia Mandanici, nella seconda storia, la migliore, di un brutto lotto narrativo, troppo banale e a tratti noioso. Anche se, lo ammetto, in Quando il mostro è in vacanza, la prima, ho goduto nell’emergere da una cripta il vampiro nolittiano Bela Rakosi, anche con le orride mèche bionde.

Non convince ancora questo Old Boy che dovrebbe essere, negli intenti del suo curatore Franco Busatta, un ritorno alle origini del personaggio, prima dell’intervento di Roberto Recchioni e della sua restaurazione. Non convince perché è raro trovare tra le pagine storie davvero valide, sembrano tutte scarti, impubblicabili ora e nel passato nella testata madre. Non convince perché nel 1986, e negli anni d’oro del personaggio, Dylan Dog era altro. Era già altro il Dylan Dog che uscì nella testata Maxi e che qui viene ripreso, ma che resta purtroppo l’unico appello ad un passato fallace, quasi alla George Lucas che vuole farci ridiscutere i nostri ricordi di lettori storici.

Però non me la sento di bocciare questo numero 7 e anzi chiedo alla Bonelli più storie di Montanari e Grassani (e Patricia Mandanici). Perché non sarà Dylan Dog, ma, cazzo, quando lo leggi sotto l’ombrellone, manca solo Max Pezzali nel walkman per farti sentire ancora giovane.

E, aggiungo, Dylan caro, a me il pudding non piace.

Andrea K. Lanza

TRAILER

INFOBOX

DYLAN DOG OLDBOY 7 

Sergio Bonelli editore

Pagine: 192 b/n 

Storie:

  1. Quando il mostro è in vacanza (Sceneggiatura e soggetto: Gabriella Contu/ Disegni Montanari e Grassani)
  2. Voci dal fondo (Sceneggiatura e soggetto: Bruno Enna/ Disegni: Montanari, Grassani e Mandanici)

Copertina: Gianluca e Raul Cestaro

Uscita: 15/06/2021 (Bimestrale)

 

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