Locarno 74: Sadness

Nel tentativo di riunirsi nel caos generato dallo scoppio della pandemia, una giovane coppia viene spinta ai limiti della follia. Fra le strade esplodono violenza e depravazione, perché gli infetti si lasciano andare agli atti più crudeli e spaventosi che si possano immaginare. Uccisioni, torture, stupri e mutilazioni non sono che l’inizio. È il tramonto dell’era della civiltà e dell’ordine. Rimane solo “The Sadness”, la tristezza.

Sadness, presentato fuori concorso al Festival di Locarno, è stato sicuramente la sorpresa della kermesse: un film violento, esagerato, con quell’anima folle e anarchica che hanno i cult movie di mezzanotte, quelli che negli anni, se non nei secoli, lasciano il segno nei cinefili e nelle loro notti corsare.

Sadness è un horror che guarda a Romero e al suo The crazies, da noi la città verrà distrutta all’alba, gioiello del 1973 che portava il nostro George A. fuori dai binari de La notte dei morti viventi, estremizzando in chiave realista l’idea di un horror sociale che fa lì a poco sarebbe sbocciato e strabordato nel maestoso Zombi.

Siamo davanti ad un’orgia di sangue, di arti amputati, di ossa rotta e stupri bestiali, di carne violata da amplessi selvaggi, orbite vuote penetrate, pasti antropofagi con il rumore di seghe elettriche mentre i denti strappano l’ultimo delizioso boccone di vita dalle ossa. Dawn of the dead versione sars covid 19 con un virus, l’Alvin, che trasforma la gente più pacifica, i padri di famiglia, le mamme amorevoli, in mostri umani che di umano non hanno più nulla. Come gli zombi sono esseri spinti dalla fame, ma non solo, è l’istinto più basso e animale che li muove: mangiare, fottere e uccidere. Così L’alba dei morti viventi si fonde con The crazies con questi infetti che sorridono tanto e fanno tanto, tanto male alla gente. È una parabola della nostra società che chiede spensieratezza dopo i vari lockdown, le privazioni, i green pass che ci ricordano quanto vicini fossero gli ebrei solo per una pizza negata al chiuso. Serve tranquillità e perciò via la tristezza, il sadness del titolo, perché il virus ci rende liberi, senza catene, capaci di fare qualsiasi cosa, seguire ogni sudicio istinto. “La mia mente è libera”, scriveva Richard Matheson in uno dei suoi migliori racconti, “Io sono Helen Driscott”. La mente è senza limiti, le imposizioni della società ci rendono schiavi, i taboo, gli incesti, gli omicidi, lo stupro, seguire l’apocalisse di caos che ci pulsa nelle vene e guardare sognanti l’apocalisse. Nel migliore dei modi siamo Edward Norton che abbraccia Marla Singer nel finale di Fight club di David Fincher, nel peggiore ci troviamo in una pozza di merda, piscio e sangue mentre ti stanno mangiando le palle.

Sadness, horror taiwanese girato da un regista canadese, Rob Jabbaz, alla sua prima regia, è qualcosa che lascia davvero il segno. Forse in questi anni siamo stati abituati (male) ad una sorta di autocensura nel cinema horror, basti pensare a tutti i prodotti a basso dosaggio di sex and blood che vengono sfornati nei cinema, figli della tv, dello streaming di Netflix, del me too che ha reso tutti possibili predatori sessuali. Quello che racconta Sadness è una storia attuale, banale perché vista mille volte ma nello stesso tempo efficace per la messa in scena vivace, il ritmo veloce e le trovate di cattiveria narrativa che muovono un viaggio parallelo di ricongiunzione di due amanti, Kat e Jim, in una terra di assassini feroci. Romeo e Giulietta in salsa thai romeriana che porta, per forza, ad un finale che non ha da rimpiangere nulla a Romero e al suo cupo pessimismo.

Effetti speciali che, anche nel digitale, cercano di ricreare un effetto vintage di trucchi e protesi, ma soprattutto un’atmosfera che si taglia col coltello, come e più della nebbia di Milano. Sadness è un viaggio all’inferno che non lascia indifferenti, ci regala scene di gradita oscenità e altre più difficili da digerire come il pianto di un infante in un sacco dell’immondizia.

Gli attori sono bravi, soprattutto il duo di protagonisti, Regina Lei e Berant Zhu, anche se, a rubare la scena, ci pensa Tzu-Chiang Wang, incredibile nella sua metamorfosi da pacifico vecchietto in giacca e cravatta a mostro implacabile ed erotomane.

Rob Jabbaz sporca la pellicola con ettolitri di sangue, con materia cerebrale e frattaglie, riuscendo nel finale persino a collimare l’horror più truce con il melò. Probabilmente Sadness non è un film perfetto e non vuole esserlo ma promette quello che dà: uno spettacolo per ragazzacci, ignorante e di grana grossa, divertente ed esagerato, pieno di musica potente ed urlata. Spettacolo di mezzanotte, come detto, nuovo classico da gustare con pop corn e bibita gelata, merce rara in questi tempi scuri. Non possiamo che adorarlo.

Andrea K. Lanza

TRAILER

CAST & CREW

Sadness

Regia, montaggio e sceneggiatura: Rob Jabbaz

Interpreti: Regina Lei, Berant Zhu, Ying-Ru Chen, Tzu-Chiang Wang, Lue-Keng Huang, Wei-Hua Lan, Ralf Chiu, Emerson Tsai

Effetti speciali: IF SFX Art Maker

Fotografia: Jie-Li Bai

Musica: Tzechar

Durata: 99 min.

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