Il ragazzo dal Kimono d’oro: la saga

La fine degli anni 80 e l’inizio dei 90 sono stati probabilmente il periodo meno fortunato del nostro cinema di genere, un morto vivente inconsapevole di esserlo. Se, come scritto in altre recensioni, Dellamorte Dellamore sancisce il punto di non ritorno dei generi popolari, prima di esso, a ridosso di quel 1994 da Armageddon, molti registi del passato hanno tentato l’ultimo disperato canto del cigno con prodotti suicidi e imbarazzanti, imparagonabili ai fasti gloriosi dei primi anni 80.

Certo ci sono state pellicole anche interessanti come nel caso di Maya e Last cut di Marcello Avallone, di Off Balance – Un delitto poco comune e Camping di terrore di Ruggero Deodato o i Fulci più inventivi (e miserabili) tipo Quando Alice ruppe lo specchio e Voci dal profondo, ma si trattava per lo più di perle rare in un cinema votato sempre più alla tv, una cosa che Lamberto Bava l’aveva capita prima di tutti, a cominciare dalle sue serie horror, Brivido giallo e Alta tensione, poi con Fantaghirò e i suoi fratelli.

Anche questi ultimi vagiti buoni di cinema di massa vivevano comunque una confezione diversa dal passato, nel caso di Avallone, patinata e con un occhio alle reti Finivest non ancora Mediaset, per Deodato una certa depersonalizzazione a favore di un prodotto puro imitativo, e per Fulci, beh per lui c’erano le briciole con le quali riuscire a portare a termine un’impresa folle, un film decente, e malgrado tutto ci riusciva.

Oltre a loro e ad altre buone cose però c’erano i Giannetto De Rossi che si mettevano dietro alla macchina da presa per girare un terribile sotto Terminator, Cyborg il guerriero d’acciaio, Sergio Martino che provava (male) a rifare Rocky con Qualcuno pagherà, e ovviamente Fabrizio De Angelis che non aveva mai smesso, dai tempi di Thunder, di voler fare l’americano sotto lo pseudonimo di Larry Ludman.

 

Se però il suo Rambo dei poveri, almeno nei primi due capitoli, era un buon prodotto d’imitazione con riprese spettacolari, paesaggi mozzafiato e slow motions selvaggio, quasi tutto il resto della sua filmografia registica, dalla prima metà degli anni 80, è francamente solo spazzatura. Con questo non voglio dire che il De Angelis regista non sia mai stato un buon regista, ci mancherebbe, e sia Cobra Mission che Colpo di stato, coraggiosi nelle storie e abili nella messa in scena, sono sempre lì a dimostrarlo, ma sicuramente il De Angelis d’inizio anni 80 con il suo Thunder pronto a spaccare il culo, incoscientemente, a Rambo, non era più lo stesso di quando sciattamente si mise a copiare il Karate kid interpretato dalla coppia Ralph Macchio/Daniel “San” e Pat Morita/Miyagi.

Il ragazzo dal kimono d’oro (1987)

Nel 1987, anno tra l’altro del già citato Colpo di stato, sbarca nei cinema italiani (il 3 Settembre) Il ragazzo dal kimono d’oro, conosciuto a livello internazionale come Karate Warrior. Stranamente non si pensa di copiare il primo Karate Kid di John G. Avildsen, ma il secondo, quella che vede i protagonisti fare una trasferta in Giappone. Risposta italiana a Ralph Macchio è Kim Rossi Stuart al quale i titoli di testa hanno decapitato il Rossi per rendere il prodotto più uaneganassa american style. Ricordo ancora gli spottoni sulle reti Mediaset dove un impacciato Kim (Rossi) Stuart fingeva di essere straniero parlando italiano con accento alla Dan Peterson mentre il maestro Kimura mimava con poca convinzione un allenamento. Il disagio, ragazzi, in pochi minuti di pubblicità che cercava di vendere al pubblico privo di internet un prodotto italiano per un nuovo successo a stelle e strisce. Peccato che bastasse guardare un solo minuto per mettersi le mani tra i capelli: Il ragazzo dal kimono d’oro era un’opera maldestra e sciagurata, aggravata da una regia che sembrava vivere pericolosamente il buona la prima, piena soprattutto di combattimenti sciatti, mal coreografati e senza un’idea di montaggio concitato. Roba che un qualsiasi clone di Van Damme, quelli che infiammavano il Mercoledì di Italia 1, sembravano bellissimi Kickboxer.

Ad accrescere lo spaesamento poi c’erano attori incapaci di recitare, a partire da Kim Rossi Stuart, buoni solo a fare le facce e strabuzzare gli occhi. L’indecenza degli interpreti viveva una grandiosa decadenza soprattutto grazie a comprimari cagneschi e ai limiti del parodistico, cifra stilistica della serie. Qui, in una Manila conosciuta già dai vietnam movie più disparati, da Coppola a Bruno Mattei, il cattivo, il peggiore del cast, è un certo Quino (Enrico Torralba), un teppistello campione di karate che impone il pizzo ai poveri filippini e li terrorizza bruciando i loro negozi. Inutile dire che la strada del villain si incrocerà con quella di Kim Rossi Stuart, nella finzione Anthony Scott, in vacanza dal padre, un Jared Martin in fase calante dopo gli exploit fulciani. Il futuro ragazzo dal kimono d’oro si invaghisce di una giovane filippina, forse la più cessa tra le filippine del mondo del cinema, una certa Maria interpreta dall’oriunda Jannelle Barretto dalla fronte lombrosiana e i ciglioni giganti, e così facendo offende il rissoso Quino: da qui i suoi guai. Seguono scialbi inseguimenti in bicicletta (altra fissa della serie), uno score indecente di un poco interessato Simon Boswell, pestaggi selvaggi ai danni dell’americano, ma soprattutto dialoghi deliranti come quando il padre spiega il suo passato da giornalista d’inchiesta buttando frasi a caso e non terminando i periodi in pura scuola Joan Lui alla Celentano.

Come ogni buon karate movie ci insegna però, per vincere i bulli bisogna allenarsi, ma dove trovare un buon maestro? Ovvio, nella foresta più profonda ed è qui che Anthony incontra il maestro Kimura, già leggenda locale e, oibò, ex mentore di Quino.  Ma la domanda che più di ogni altra attraverserà la mente degli spettatori in questa lunga saga, 6 film più 6 tv movie, è: si può imparare la sacra arte millenaria del karate in soli 3 giorni e diventarne maestri? La saggezza direbbe di no ma il maestro Kimura sì e allora, via l’obsoleta “togli la cera metti la cera“, ora è tempo di meditazione. Ebbene, cari lettori, dovete sapere che il nostro sensei delle arti marziali non è che si impegni più di tanto ad allenare un ragazzo che è praticamente carne da macello in un suicida scontro con un bullo campione locale di karate. No, lui, serafico, esclama frasi come “Dormi e trova il tuo equilibrio” e lo ospita ambiguamente senza maglietta nel suo letto. Qui non vorrei trovarci sottotesti omo, ma devo impegnarmi, giuro. Il buon Kimura, eremita nei boschi per motivi sconosciuti (“Grazie a te monderò i miei sbagli“), aveva ragione: una buona dormita, una corsetta con urletti e, uattà, Anthony in 3 giorni sprigiona lampi di luci dalle mani, roba che dovrebbe essere illegale perché spezza in due gli alberi e uccide una mucca (credetemi!). Ora Anthony è pronto e può indossare un pacchianissimo kimono d’oro, cimelio di famiglia del sensei  e regalato a lui, in sostanza un perfetto sconosciuto.

Intanto i genitori del ragazzo, il già conosciuto Jared Martin, giornalista disilluso, e la moglie Janet Agren, uno dei corpi sexy più belli del nostro cinema, sono in pensiero per il figliolo scomparso, ma appena sentono che è da solo con uno sconosciuto maestro giapponese in mezzo alla foresta tirano un sospiro di sollievo, in quel delizioso delirio nonsense narrativo delle produzioni di fine anni 80 del regista.

Il combattimento, diretto distrattamente e male, vedrà trionfare Anthony, sebbene sia diventato temporaneamente cieco perché preso a colpi di alluce negli occhi dal cattivone. Mossa del drago, lampo di luce e giù Quino mentre Kimura sorride beota.

Da notare la scritta, in perfetto inglese, alle spalle dei contendenti: In honor of Maestro Kimura. Maestro? De Angelis però almeno due frasi in inglese!

Non c’è spazio neanche per la storia d’amore tra il protagonista e la filippina bruttina perché la famiglia riunita, con mamma e papà rinnamorati, ci rimanda al capitolo 2, negli States. Quindi Arrivederci amore ciao anche se Jared Martin regala alla ragazza, un po’ a cazzo di cane, senza motivo, come d’altronde lo è il film, le chiavi del suo vecchio appartamento a Manila. Ma Quino? Le sue angherie sono finite? Di lui non sentiremo più parlare in nessun Ragazzo dal kimono d’oro, mai più, nevermore. Quello che succede nelle Filippine resta nelle Filippine, un po’ come Las Vegas.

Ad interpretare il maestro Kimura è Ken Watanabe, omonimo del famoso attore giapponese, un caratterista presente in un pugnetto di titoli marziali e di guerra nell’arco degli anni 80, un prezzemolino qui all’apice della sua carriera di piccole parti.

Karate Warrior ebbe fortuna soprattutto in Germania, almeno a leggere le recensioni degli utenti di imdb. In Italia spopolava soprattutto in tv, tra i ragazzini, in quell’epoca dove tutto sembrava meraviglioso, anche la merda. Sembra che in alcuni Paesi sia conosciuto come Karate Kimura, un casino quando a partire dal numero 3 subentrerà il nuovo allenatore Akai Masura, ma in quel caso salteranno la saga ufficiale per importare, come terzo capitolo, lo spin off Karate rock, sempre di Ludman con Antonio Sabato jr.

 

Il ragazzo dal kimono d’oro 2 (1989)

Col numero 2 si fa anche peggio: se pensavate che Il ragazzo dal kimono d’oro fosse male interpretato, girato distrattamente e poco avvincente, col seguito si toccano punte di indecenza cinematografica. Lo stesso Kim Rossi Stuart dichiarerà al sito Dagospia: “Che grande avventura. Avevo già viaggiato da solo. Ero stato sei mesi in Jugoslavia per Il generale, poi negli Stati Uniti, ma le Filippine erano esotismo e palme. Il primo episodio era carino, il secondo osceno”. Nei vari racconti di Facebook, un utente racconta poi che un giorno incontrò l’attore al Dams di Bologna, durante una presentazione del film Cuore cattivo, lo chiamò col nome di Anthony Scott e quello, un po’ indispettito, commentò “Sono errori di gioventù“.

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Via stavolta le costose Filippine, si gira a Miami, in Florida, in un’estate torrida che sembra, ad occhio, autunno. Il cast è composto da perfetti sconosciuti, la maggior parte attori soltanto per De Angelis in questo, nei seguiti e in altre larryludmanate sparse negli anni.

Stavolta a far breccia nel cuore del giovane Kim Rossi Stuart, che vive in una barca pur avendo degli zii miliardari, è la bella Amy Lynn Baxter che, nel Giugno 1990, sarà la ragazza del paginone centrale di Penthouse, mostrando doti da stragnocca imperiale che ovviamente il regista lascia inespresse.

Via dal cast anche Jared Martin e Janet Agren, liquidati con frasi di circostanza borbottanti, e una strana svolta nel carattere di Anthony Scott che lo vuole stavolta, fin dalle prime scene, un perfetto idiota in sella alla sua bicicletta, che si diverte a provocare i bulli e a prenderle poi di santa ragione. Naturalmente, se ve lo siete chiesti, il karate l’ha dimenticato, un po’ come quelle lezioni che credevi di imparare col metodo “Ascolto mentre dormo“, mangianastri sotto il cuscino e via di ronfata, e poi ti accorgevi che ne sapevi quanto la sera prima. Mai creduto nell’ipnopedia.

A fare la parte del leone, nel lato oscuro della serie, l’attore Christopher Alan, qui nei panni del cattivissimo Dick Anderson, ruolo che riprenderà uguale uguale ne Il ragazzo dal kimono d’oro 3 (e nei mille seguiti) cambiando però personaggio, l’altrettanto mitico Joe Carson, villain indistinguibile, stesso doppiatore al seguito, da quello presente qui. Sono le folle ludmaniane!

A questo giro Anthony sfoggia una macchina sportiva, regalatagli dai nonni ricchissimi durante una mesta festa di compleanno a base di torte tenute in mano, con le candeline accese (e mai spente), da una sorridente bambina con una paralisi facciale. Il nostro ragazzo dal kimono d’oro se ne frega dei parenti, salta sul bolide e via a fare il pirla sull’autostrada: i primi che incontra sono il gruppo di Dick Anderson che lo faranno finire fuori strada in un laghetto.

Forte di una sceneggiatura scritta da Dardano Sacchetti non molto interessato all’insieme, Kim Stuart decide che, piuttosto che chiedere i soldi per tirare fuori l’auto ai nonni (che non vedremo mai più), è meglio tornare ad andare in bicicletta. L’auto, se vi interessa, credo che sia ancora lì.

Seguono incontri con personaggi strambi tra i quali un poveretto (Winston Haynes), anche lui miliardario, che non ha amici e invita Anthony a casa sua in una incredibile cena a base di caviale e champagne (“L’unica cosa che ho in casa“). Solo che, ad un certo punto, il nostro eroe non ci sta a farsi prendere dal culo da Dick Anderson e dai suoi sgherri, irrompe nella paninoteca frequentata dai bulli e chiede i 5000 dollari per i danni all’auto. Naturalmente verrà smutandato e umiliato senza pietà dal cattivone che ha questo vizio di ridere sguagliatamente come Mauro Di Francesco in Attila il flagello di Dio. Impossibile non rimanere travolti, sbigottiti e un po’ confusi da una recitazione in puro overacting indecente, fatta di occhi sbarrati e movenze facciali esagerate, del quale Christopher Alan ne è il più sincero portavoce.

Cosa può fare quindi il povero Anthony se non chiamare il maestro Kimura che, dalle Filippine, arriva senza ciglio battere?

Stavolta a interpretare il sensei del karate non c’è il finto Ken Watanabe, ma un altro attore, Leon Elalout, neanche molto somigliante al precedente allenatore, ma si sa che, per noi occidentali, un orientale vale un altro, tutti uguali, soprattutto se li fai parlare come cretini, con l al posto della r, e gli appiccichi dei baffi fintissimi da Splinter delle Tartarughe ninja. Per ampliare la chiave omo sottintesa del primo capitolo, questo film si apre sulle parole del saggio Kimura che esclama “Plima di lendelti campione, Anthony, ti ho leso uomo“. Capite? L’ha reso uomo, un vecchio satiro e un ragazzo minorenne, con i loro segreti d’amore, nascosti nei boschi delle Filippine come neanche I segreti di Brokeback Mountain… Poi sono io il maligno…

Comunque Dick Anderson fa il bullo, ma, quando si tratta di combattere, si tira indietro e manda al suo posto il campione Mark Sanders, uno dei fondatori del suo dojo, i Tigers, un atleta, per via delle droghe, caduto in disgrazia. Non sarà l’onore della palestra a muovere questo nuovo cattivo dalla zazzera alla Richard Dean Anderson (il padre di Anthony ha fatto espellere il padre di Dick ai tempi dell’università), ma il vile denaro, 5000 dollari facili facili per massacrare un ragazzino bullizzato. Sarai fiero di te, vero, Mark?

Certo che i Tigers non saranno mai come il Cobra Kai e, dal terzo film, nessuno ne parlerà più in una sorta di reboot/next generation della serie. Da lì in avanti lo schema sarà: sfidante nuovo, tanta sottotrama inutile, allenamento, combattimento, vittoria, e via col prossimo capitolo. Da notare poi l’attenzione maniacale dei dettagli di De Angelis: un karateka indossa un kimono con scritto a caratteri cubitali, Ted Prior, ovvero l’attore che interpreta Mark Sanders. Metacinema?

Gli insegnamenti del maestro Kimura sono speculari al primo capitolo: cazzeggio tanto, sostanza poca e colpo del drago senza stavolta uccidere animali o spezzare alberi. Scopriamo però che il sensei odia dormire nei letti e preferisce un più spartano giardino. Ci domandiamo allora il perché della sua branda nel rifugio nelle Filippine… Maledetto adescatore di minorenni lascivo!

Anche il combattimento finale avviene senza molti sussulti: telecamera quasi fissa quando dovrebbe muoversi e a mano quando dovrebbe essere fissa, un disastro che dimostra ancora una volta la poca dimestichezza di De Angelis nel girare sequenze sportive. Finalmente il colpo del drago viene sferzato e Mark Sanders cade come una pera cotta!

Negli spogliatoi Anthony è pesto e dolorante ed ecco che, come mosche sulla merda, arrivano Dick e il suo amico Billie Boy, due che probabilmente sanno il karate come lo conosco io, pronti a pestare, tipo uomo che caga, il ragazzo dal kimono d’oro. Tempestivo è l’intervento di Kimura, “Voi non picchiale nessuno“, due colpi alla giugulare dei due malfattori che imparano la lezione soffocando tra mille agonie, probabilmente.

Tutto è bene ciò che finisce bene perché anche il maestro si scopre essere ricchissimo tanto da regalare al suo allievo una macchina sportiva nuova di zecca. “Ola tu zitto e muovele le chiappe, io voglio andale in gilo in auto in Amelica“. All’improvviso,  coup de théâtre, irrompe Billy Rogan, campione indiscusso di arti marziali in Florida, canottiera tamarrissima e pelo in bella vista, che sfida Anthony, ma questi lo apostrofa con “Devo pensarci“. Ci penserà fin troppo visto che, con questo film, Kim Stuart ritorna ad essere Kim Rossi Stuart e, tra un bacio con Fantaghirò e un Vallanzasca a mano armata, si lascerà alle spalle “questi errori di gioventù”.

In Italia Karate Warrior 2 uscì al cinema 22 Settembre 1988. Imdb segna anche un’uscita in Portogallo il 9 Febbraio 1990, sempre probabilmente in sala, come Golpe do Dragão, Colpo del drago, senza nessun numero 2 davanti, visto che il primo si intitolava O Mestre do Karaté, Il maestro del Karate, e, incredibile dictu, proiettato pure questo su grande schermo il 14 Aprile 1989. La titolazione più gagliarda va comunque alla Germania, grandi fan della saga, che chiamano Il Ragazzo dal Kimono d’oro 2, Karate Warrior 2: Blood Tiger, nell’uscita in dvd. Uà, sangue di tigre, che cazzo!

 

Il ragazzo dal kimono d’oro 3 (1991)

Scrive un utente, Herrkinski, del prezioso sito Davinotti, riferendosi alla saga del kimono d’oro: “Gli unici usciti al cinema sono i primi 2 film con protagonista Kim Rossi Stuart, gli altri episodi numerati (dal 3 al 6) sono tutti usciti per il mercato home video e tv“. Questo commento è prezioso perché ci toglie dall’empasse generato dal fondamentale, ma il più delle volte lacunoso, imdb che segna un’uscita cinematografica del terzo capitolo il 1 Giugno 1991. Memoria quindi non mi ingannava e possiamo affidarci alla notizia del 1992 di Adkronos che scrive: “Per gli appassionati d’arti marziali, Italia 1, domenica 19 gennaio, alle 20.30, presenta ”Il ragazzo dal kimono d’oro 3”, in prima tv. Protagonista dei primi due film della serie, era Kim Stuart, mentre nel terzo, il personaggio principale è interpretato dal giovane Ron Williams per la regia di Larry Ludman. Larry Jones è un ragazzo tranquillo che ama trascorrere il tempo libero pedalando sulla sua mountain bike, nella nuova scuola in cui si e’ trasferito, fa amicizia con Gregg, che viene ripetutamente preso in giro e subisce le angherie di un gruppo di teppisti cui fa capo un ragazzone esperto nel karate. Ma Larry nasconde un segreto che non intende rivelare nè all’amico ne’ a Betty (Dorian D. Field), una ragazza che prova simpatia per lui...”. Quindi in tv la prima fu il 19 Gennaio 1992, ma forse Imdb si riferiva come data 1 Giugno 1991 all’uscita in vhs, cosa probabilissima essendo il nuovo Karate Warrior un prodotto più a suo agio col linguaggio seriale della tv.

La nostra vhs, edita dalla Ricordi, ha poi una copertina stranissima: a vestire i panni del ragazzo dal kimono d’oro sembra essere un orientale, forse idea originale scartata dal regista e rimasta solo nella locandina. Sullo sfondo è presente il maestro allenatore ma non la bionda coprotagonista, in questa versione una ragazza orientale, elemento che rafforza la nostra tesi.

Non è chiaro comunque se questo film e i suoi seguiti sbarcarono negli States, magari arrivarono solo in tv, anche se l’interessante sito MonsterHunter riporta: “Karate Warrior 3 , Karate Warrior 4 e Karate Warrior 5 non sono disponibili in inglese“e aggiunge recensendo il quarto capitolo: “Senza una versione inglese di questo quarto Karate Kid italiano, una serie di sei fregature , ho visionato un DVD in lingua italiana (con sottotitoli in greco!) per potervi raccontare finalmente la più speciale avventura della saga dei Karate Warrior ! Ma senza conoscere l’italiano o il greco, ci capirò qualcosa? Domanda a trabocchetto! Anche in inglese, non capisco la metà di quello che sta succedendo!”. Il nonsense visivo di De Angelis, quello narrativo di Dardano Sacchetti e di Olga Pehar, moglie del regista Umberto Lenzi, in questo nuovo ciclo de Il ragazzo dal kimono d’oro raggiunge punte di delirio e demenza incredibili.

Stavolta, come già accennato, si tratta di una sorta di reboot: via Anthony/Kim Stuart e cast completamente rinnovato, a parte il miticissimo Christopher Alan nei nuovi panni di Joe Carson, ruolo che rivestirà ben altre 9 volte!

La pellicola inizia con le riprese del combattimento finale della precedente pellicola, poi stacca su un gruppo di ragazze che chiede ad un certo Greg dove sia finito il suo inseparabile amico, il ragazzo dal kimono d’oro. “Non è che si è montato la testa? Se ne sta sulle sue e non si fa vedere?” ipotizzano le giovani ma il riccioluto sconosciuto è pronto a rispondere “No, si è trasferito coi genitori in Sud Dakota, a Rapid city” mentre altri curiosi commentano “Così lontano? Tra i fantasmi di Toro seduto e del Generale Custer? Sarà difficile vederlo ancora“. Però le preoccupazioni della combriccola vertono su un unico problema, il bullo Joe Carson. “Ora che Anthony non c’è più chi lo fermerà?“.

Qui iniziano i primi dubbi: perché Anthony ha dovuto trasferirsi coi genitori quando frequentava l’università e viveva a Miami da solo, probabilmente nel campus? Non ha molto senso. Poi, quesito non da poco, chi è Greg? Cioè noi sappiamo che il suo amico si chiamava Luke, ma Greg chi diavolo è? E Luke che fine ha fatto? E’ morto di cirrosi epatica per i il suo vizietto di bere champagne come acqua? Quello che è certo è che Greg ha avuto in dono il kimono d’oro di Anthony e lo tiene conservato in una teca con  tanto di foto dell’amico e premi conseguiti. Ecco l’immancabile sottotesto omo con il riccioluto nuovo personaggio che sembra una ragazza mollata sull’altare mentre disperato singhiozza davanti al mausoleo in onore del bel Kim Stuart. Poi, se il nemico del ragazzo dal kimono d’oro ora è questo Joe Carson, che fine ha fatto Dick Anderson? Si sono mai incontrati i due cattivoni? Hanno capito di avere la stessa faccia? Si sono stretti la mano? E, se l’hanno fatto, l’antimateria li ha annullati come in Timecop con Van Damme? Oh mio Dio! Questo è peggio di Inception! Grande Giove!

Comunque la nuova combriccola del ragazzo dal kimono d’oro si compone di personaggi quasi fissi come la spalla comica interpretata da Scotty Daffron, nei panni del combinaguai Leo, una sorta di sfigatissimo comprimario, avido e in sovrappeso, vittima di bullismo da parte di tutti, buoni o cattivi perché una delle lezioni di De Angelis è che, se sei ciccione, non meriti rispetto ma solo calci e risate. E’ la vita, dura, spietata ma sempre vita.

Scotty Daffron, oltre alla serie de Il ragazzo dal kimono d’oro, non fece nulla, a parte ripetere lo stesso ruolo di grassone molesto nell’orribile Breakfast with Dracula – Vampiro a Miami, commedia horror che non faceva ridere, diretta sempre dal nostro Fabrizio De Angelis stavolta sotto un nuovo pseudonimo, Ted Russel. Da quel 1993, anno di quest’ultima pellicola e di Karate Warrior 6, si sono perse le sue tracce, ma Facebook ce lo fa ritrovare, in uno scatto del 2013, abbracciato ad una donna, invecchiato ma dimagrito. Sappiamo che non fa più l’attore, ora riveste un ruolo manageriale nella ditta  Barton G. Event Design & Production, e sulla sua scheda, nel sito dell’azienda, si legge:

Entrato vent’anni nel nostro team, Scott Daffron è stato il motore della divisione Barton G. Event Design & Production. Il suo coinvolgimento inizia nel primo punto di interazione e gestisce l’intero processo dalle operazioni e vendite, dalla realizzazione alla realizzazione di un evento. Prima di entrare a far parte di Barton G., Scott ha ricoperto il ruolo di Director of Operations presso Restaurant Associates, dove è stato responsabile di tutti i sistemi operativi in ​​prestigiosi eventi sportivi come US Open Tennis Championship, US Open Golf Championship, PGA Championship e Ryder Cup Matches. Oltre ad eventi sportivi di grande interesse, Daffron ha diretto con successo operazioni per importanti luoghi culturali tra cui il Metropolitan Opera House, il National History Museum e la Carnegie Hall. Daffron è riconosciuto nel settore per la sua stretta aderenza ai parametri di bilancio, pur mantenendo un livello superiore di servizio e qualità attraverso le sue comprovate capacità di gestione e relazioni con i dipendenti. I suoi manuali di addestramento e operazioni hanno portato alla manutenzione continua di oltre 5.000 ospiti ogni giorno, generando nel contempo un aumento delle vendite per le strutture sportive ospitanti. Daffron è una risorsa senza precedenti su progetti ad alto volume negli Stati Uniti e all’estero e offre diversi anni di esperienza e conoscenza approfondita al team Barton G“.

Sicuramente fare l’attore non faceva per lui, ma è comunque bello vederlo in perfetta forma fisica, sorridente, con lo spettro del bullismo cinematografico alle spalle come dire “Chi è tra noi, Joe Carson, che alla fine è diventato un vincente?“.

Scompare purtroppo anche la popputa Amy Lynn Baxter,  impegnata quell’anno a girare Penthouse Pet of the Year Play-Off 1991 del maestro della pornografia glamour Andrew Blake. Viene rimpiazzata dalla sosia americana di Sharon Zampetti de I ragazzi della terza C, Dorian D. Field, biondina graziosa ma anonima che, gossip, abbiamo trovato su Facebook come Dorian Field Alan, e, così a naso, credo che, negli anni, sia convolata a nozze, col cattivissimo Joe Carson/Christopher Alan. Sono illazioni è vero ma è bello credere come da un film così brutto sia potuto nascere l’amore, un po’ come i diamanti di De Andrè e dal letame che fa nascere i fiori. C’è un po’ di Dio in questo.

Per colmare il vuoto lasciato da Kim Stuart viene assunto Ron Williams, attore che lavorò dal 1989 al 1999 per lo più in produzioni italiane come La maschera del demonio di Lamberto Bava, e che vide il suo apice attoriale come comparsa nel disastroso L’anno del terrore di John Frankenheimer con Andrew McCarthy, Sharon Stone e Valeria Golino. Ron Williams ha meno physique du rôle dell’efebico predecessore: mingherlino, faccia da comparsa più che da protagonista, non è di certo uno di quei volti che spaccano lo schermo. In più il suo Larry Jones è assolutamente a digiuno di karate, lui ama solo la bicletta, eppure decide di sfidare Joe Carson e la sua banda di bulli ad un torneo di arti marziali nella solita follia suicida degli eroi ludmaniani.

Stavolta il  motivo della bagarre è il furto da parte del gruppo di cattivoni del famoso kimono d’oro: “E’ mio e se qualcuno lo vuole deve battermi a duello!” afferma Christopher Alan strabuzzando come suo solito gli occhi, ridendo come un pazzo e frantumando l’altarino in onore di Anthony. Frase che ripete in una discoteca, vestito con la tunica aurea, ma stavolta a rispondergli per le rime c’è Larry Jones, vestito malamente da Indiana Jones, “Io ti sfido”, così inizia la guerra tra i due. Capiamo che dev’essere carnevale o Halloween ma la scelta dei due costumi è abbastanza miserabile per entrambi con l’aggravante che Joe Carson sembra indossare un pigiama. Roba che, se non fosse lui il teppista, lo bullizzerebbero seduta stante, smutandata compresa.

In più in discoteca gli danno tutti del ladro, ma lui sembra fare orecchie da mercante con la sua solita mimica facciale che unisce The mask al Robert De Niro di Taxi Driver. “Chi? Chi? Ce l’hai con me?“, non fa paura, fa solo ridere.

A dire il vero Larry Jones un po’ se l’è cercata. Senza conoscere nessuno, mosso dal fuoco sacro dell’eroe, qualche scena prima, in una spiaggia, ha deciso di spaccare la radio di Joe Carson, reo di avere buttato in mare Greg per scherzo. “Adesso ci penserai due volte“. Cioè mi sembra un atteggiamento da psicolabile, da uomo morto che cammina. Fatto sta che Larry diventa l’amico della combriccola di Greg che lo incita “Bravo! Hai fatto bene“, mentre una biondina carinissima, dal corpo statuario, esclama rivolta al cattivo “Spaccagli la faccia a questo cretino“, ma, senza motivo, il nostro Joe Carson grazia il pazzo suicida. “Per oggi ti è andata bene, ma non illuderti, ti posso rendere la vita molto difficile“. Cristo, Joe, ti ha rotto la radio! Spaccagli la faccia! Che delusione questi antieroi!

Non sia però che il nostro villain non mantenga la sua promessa e lo vediamo, cattivissimo e machiavellico, gareggiare in una gara di biciclette con il protagonista, perdendo miseramente come un povero tapino. In palio ci sono 2500 dollari, necessari per fermare lo sfratto della casa di Larry, una vera manna dal cielo. Colpo di scena però: Joe Carson, il gaglioffo, ha pagato l’arbitro che dichiara “Alla luce dei fatti, il vincitore è stato squalificato“. Ma quale luce dei fatti? Però intanto Christopher Alan strabuzza gli occhi e si lancia in esagerate esplosioni di felicità. Sappiamo però che la Miami di Il ragazzo dal kimono d’oro 3 (e dei suoi seguiti) è grande come un paesino: tutti incrociano tutti e soprattutto tutti sanno i cazzi degli altri. Capita sovente che i personaggi siano al ristorante e ricevano chiamate minacciose dei cattivi di turno. Ma come diavolo facevano a saperlo?

Larry Jones tra l’altro non è stato tra l’altro molto sincero con i suoi nuovi amici: dice di vivere in un villone, di essere ricco, mentre in realtà abita con la mamma alcolizzata e la sorella più piccola, Julie. Proprio contro la ragazzina e Greg, la banda di Joe Carson attuerà la seconda parte della vendetta, in un piano talmente arzigogolato da essere surreale: spargeranno del sangue artificiale sul terreno per poi chiamare la polizia e denunciare un tentato stupro. “E’ un pazzo” chiosa Joe CarsonAgenti, ha picchiato quella ragazzina e ora la sta violentando. Vedete il sangue!” e gli agenti, senza fare domande, pestano Greg, lo caricano in macchina chiamandolo “Sporco maniaco!” e sfrecciano via verso la stazione di polizia senza neanche caricare su Julie o raccogliere le dichiarazioni di rito. Ovviamente il malfattore ride barbino in queste strane derive, un po’ alla commedia goliardica, stile Porky’s, che il film ogni tanto sembra accarezzare.

Se Julie e Greg iniziano una storia d’amore, anche Larry si infatua della bella Betty, una delle giovani più facoltose della città, non sapendo, come in una telenovelas brasiliana, che è proprio il ricco nonno della ragazza che vuole sfrattarlo per costruire un complesso commerciale. “Ti  do’ 2500 dollari così puoi sistemarti in una delle case popolari” gli dice il miliardario Nolan “A patto che lasci stare mia nipote“, ma il ragazzo ha il cuore puro, stanno per buttarlo in mezzo ad una strada con mamma e sorella, ma, piuttosto che piegarsi, manda a quel paese il vecchio. A questo punto il genio si unisce alla disperazione, Larry, nello sfidare Joe Carson, chiede un premio in denaro di 2500 dollari. Il buon cattivone potrebbe obiettare “Ma cazzo dici?” ma stavolta invece è d’accordo “Mi sembra giusto“, ma chi diavolo li mette i soldi????

Solo, non dimentichiamolo, che Larry Jones non sa combattere e quindi la sua sentenza di morte, annunciata dallo stesso Joe Carson che compra una sedia a rotelle e gli urla testosteronico “Presto ti spezzerò la schiena e ti servirà“, è quasi certa. Si sa però che, nel mondo de Il ragazzo dal kimono d’oro, i deus ex machina piovono dal cielo e quindi ecco che facciamo la conoscenza di Akai Masura, pacifico ristoratore giapponese ma in realtà 4 volte campione mondiale di karate, roba che Kimura è un dilettante piagnucoloso.

Quando la banda di Carson irrompe nel locale del vecchio e cominciano a fare casino, con tanto di gente che si alza spaventata, il nuovo maestro li mette al tappeto in un terribile effetto rallentatore, usato pure per i combattimenti di Larry, segno che l’attore non ne sapesse molto di arti marziali. Casualmente, per la regola che Miami è come Caronno Pertusella, al ristorante ci sono anche Larry e i suoi amici. Da lì il passo è breve per la richiesta legittima “Mi allenerebbe, maestro Akai Masura?“. Manca poco all’incontro, ma si sa che, in questo strano universo, il karate lo si impara in tre giorni. “Celto onolevole Lally” e parte l’allenamento.

Richard Goon è l’interprete del nuovo sensei. Come molti attori del cast è stato soprattutto legato al periodo De Angelis interpretando pure un ruolo speculare, ma senza barba e baffi, nella versione femminile di Karate Warrior, Iron girl – la ragazza d’acciaio. La sua ultima interpretazione è nel delirante Il burattinaio di Ninì Grassia con Fabio Testi. E’ il 1994 e nell’arco di 5 anni, prima di sparire nel buco nero d’informazioni dal quale è venuto, ha interpretato ben 12 film e 11 sono stati opera di Larry Ludman, un curriculum artistico di tutto rispetto… per Satana!

Stavolta l’allenamento è leggermente più articolato: se Kimura era il vento, la concentrazione, Akai Masura è il fuoco, lo sforzo fisico che porta alla nascita del perfetto guerriero. Vediamo Larry in piedi, nella cucina del ristorante del maestro, palmi verso l’alto, mentre cerca di stare di sorreggere una serie di piatti appoggiati sulle sue mani. Non ne conosciamo l’effettiva utilità ma non siamo neanche campioni di karate. La cosa evidente è che il povero Larry, dai muscoli atrofizzati, fa cadere ogni volta le stoviglie, crash, e via di scene dove lo vediamo correre in spiaggia, dare colpi al vento e poi di ritorno in cucina a far danni. Ovviamente, dopo un po’ di brutto montaggio sulle terribili musiche di Francesco Capogrossi e Stefano Macrino, il futuro ragazzo dal kimono d’oro sorride con tutto il servizio buono di piatti di porcellana in perfetto equilibrio. Ora è pronto a fare il culo a Joe Carson e a riprendere il kimono d’oro di Anthony Scott.

C’è una regola tacita nella serie dei Karate Warrior: il colpo del drago, nella variante anche del doppio colpo del drago nel numero 5, è sempre diverso e pericolosamente simile, capitolo dopo capitolo, alla mossa della gru di Daniel San. Questa legge, scritta su un bambù nella foresta dove vive ancora Kimura, richiede anche che l’allievo sia scoordinato nei movimenti e, soprattutto, non sappia mai stare in equilibrio su una gamba, come abbiamo visto nel capitolo 2, nel quale un goffo Kim Stuart rischiava di venire pappato da un alligatore mentre imitava il più celebre Karate Kid.

Comunque arriviamo al momento clou: la lotta tra Larry e Joe. E’ incredibile come, dopo 2 film, De Angelis sia ancora assolutamente incapace di rendere emozionante  un combattimento di arti marziali con una regia sciatta, poco ritmata e dai pachidermici movimenti di macchina. Comunque in neanche 10 noiosissimi minuti di competizione Larry le prende come un pungiball, ma, quando cade a terra morente, ecco che arriva il maestro Akai Masura, un massaggio al cuoio capelluto, qualche ricordo di rito, e via con la mossa segreta del drago, al rallentatore, come prassi.

Questo strano massaggio tornerà in quasi tutti i capitoli che, da questo momento, riproporranno la formula del 3 in tanti remake uguali ma dai cattivi differenti, diversificati solo dalle sottotrame deliranti che, alcune volte, ruberanno più minuti della parte sportiva, quella che dovrebbe essere il piatto forte ma che abbiamo capito essere un’insipida minestra riscaldata all’inverosimile.

La farsa Karate Warrior 3 si chiude con il vecchio nonno di Betty che si redime, regala una casa a Larry e famiglia, e invita tutti sul suo yacht dove può fare lo spantegone con la mamma del protagonista raccontando dei tempi dove aiutò Rita Hayworth a diventare una diva. “Ma niente è come il suo fascino, signora Jones” aggiunge il marpione.

 

Il ragazzo dal kimono d’oro 4 (1992)

In Brasile ci hanno sperato e perciò Il ragazzo dal kimono d’oro 4 esce come Karatê Warrior IV: O Confronto Derradeiro ovvero l’ultima sfida (che poi sarà anche il titolo dell’ultimo episodio della serie tv), ma Fabrizio De Angelis non ha intenzione di mollare il suo Karate Kid per poveracci. Da noi esce direttamente in vhs, sempre per Ricordi, il 6 Febbraio 1992, credendo ad imdb che non distingue, in questo caso, il cinema dall’home video. In Spagna è conosciuto con il titolo curioso di Karate Kimura: Una trampa para Larry, anche se Kimura non è più dei nostri dal numero 2.

Solita storia, stavolta come per il prossimo, della sola Olga Pehar, orfana di Dardano Sacchetti, senza che il pubblico si accorga di nulla.

Ad infastire Larry è il campione sudcoreano Bruce Wang, interpretato nel suo solo momento di gloria cinematografica, o quasi, dal massiccio e sconosciuto Edward Wan, scagnozzo alle dipendenze del solito Joe Carson. De Angelis ce lo presenta al ristorante di Akai Masura mentre, senza nessun motivo, spacca una pila di piatti con un solo colpo. Le ragazze sono affascinate, “Sembra l’attore che faceva L’ultimo imperatore!” afferma Julie, mentre Leo esagerato dichiara “E’ un misto tra Marvin Hagler, Mike Tyson e Batman!“. Sarà ma me sembrava solo un pirla.

Leo intanto è passato dal vendere pollo fritto a smerciare pillole dimagranti, il prodotto del domani dice, ma nessuno lo ascolta, viene bullizzato dai suoi amici peggio di come fa Joe Carson, in scene fastidiose che non fanno mai ridere e ricordano i drammi di Ozpetek.

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A movimentare la storia è un colpo di scena che ci mostra un Bruce Wang forse non così cattivo come sembrava: fa gli occhi dolci alla sorella del protagonista, la pomicia romanticamente sulla spiaggia (anche se fotografato dai nostri bulli in odore di voyeur) e le giura, con gli occhi a cuore, amore eterno. In più ha una storia triste che ha segnato di lacrime il suo passato “A Seul mio amico fu espulso da scuola perché dicevano che aveva picchiato poliziotto, ma non era vero. Lui si diede fuoco in piazza e per vendicarlo misi su una banda, I draghi neri, ma polizia mi cercava e decisi di venire in America“. Non è tutto chiaro ma tanto basta per far cedere la giovane con un probabile istinto da infermierina. Dal cast è scomparso Timothy Smith ovvero il buon Greg, ma la sua ex ragazza, Julie, oltre a farsi smandrucciare da Bruce Wang, ha un nuovo fidanzato, tale Bobby, che però, poverino, è a casa con gli orecchioni, inconsapevole di avere due corna grandi come stambecchi in  amore.

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Però, so che non ci eravate arrivati, il cinese rubacuori è malvagio: porta la ragazza in un parcheggio e, tatà, spunta Joe Carson gaudente con gli occhi da matto. Diamine, Bruce Wang era in combutta con lui! “Tu cretina, io preso in giro, anche storia di amico bruciato inventata solo per farti innamorare” e giù risate della banda mentre Julie piange. Però irrompe Larry che, tutto incazzato, vuole vendicare l’onore della sorella: due sberle, quattro calci in pancia e il ragazzo dal kimono d’oro è a terra. Cazzo, si è ancora dimenticato il karate! I suoi amici sono preoccupati, “Stai bene?“, ma pesto e sanguinante il campione di Miami li rassicura “E’ solo il primo round“. Ah beh, chissà gli altri.

Non che il maestro Akai Masura sia molto più in forma però: Wang, Carson e la sua banda gli svaligiano il ristorante e lo legnano pure peggio di Larry! Cioè ma con questi presupposti come potrà trionfare il ragazzo dal kimono d’oro?

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In più, per riempire il minutaggio, facciamo la conoscenza del padre del protagonista, un ex militare, interpretato svogliatamente dal mitico David Warbeck, uno dei nostri migliori attori di genere, protagonista di capolavori come L’aldilà di Lucio Fulci, L’ultimo cacciatore di Antonio Margheriti più una serie di finti Indiana Jones poveri ma gagliardissimi tipo I sopravvissuti della città morta. Qui fa il minimo sindacale da Jack Nicholson della serie B con una recitazione sottotono e con lo sguardo perennemente perso nei suoi dieci minuti di comparsa inutile.

Regista e sceneggiatrice infilano pure dentro pure un pateticissimo rally in quella che sembra essere una discarica dismessa, reso soltanto memorabile dalla presenza come arbitro del grande Ron Jeremy, leggenda porno passato chissà perché sul set del film. Pochi secondi di comparsata però non giustificano lo squallore generale!

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Non è un porno, Ron

Come sempre Larry si allena col maestro Akai Masura nel solito modo: corsa sulla spiaggia, pugni al vento e così via, stavolta nessun piatto da rompere. Però il sensei lo avverte “Quel ragazzo conoscere colpo del serpente, tu devi imparare la contromossa, ma difficile, solo grandi campioni la sanno fare, se la usi sbagliato puoi romperti la spina dorsale“. Uaaaaa, ma che diavolo è questa mossa potentissima del serpente? Purtroppo scopriremo che non è dissimile dal colpo del drago. Che delusione.

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Intanto Larry Carson, uno che non ha mai capito cos’è l’onore, picchia nei bagni il grasso Leo e gli ruba le sue scatole dimagranti. Con quelle drogherà il cocktail di Larry che avrà così dei forti dolori di pancia, degli attacchi di diarrea talmente feroci da non poter  gareggiare con Bruce Wang!

Solo che, se la medicina fallisce, Akai Masura trionfa con la sacra arte delle tisane giapponesi: due erbe, un goccio d’acqua e il nostro eroe ha vinto la sciolta e indossa il suo kimono d’oro.

Il combattimento avviene nel solito modo nello scenario di una palestra da scuola media con stavolta anche i due genitori di Larry a fare il tifo, occasione che li riconcilierà, con tanti saluti al povero nonno di Betty che ci aveva fatto più di un pensiero sulla signora Jones.

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Nei soliti dieci minuti scarsi di competizione, stavolta musicati anonimamente dallo sconosciuto Bigchild che si occuperà anche del prossimo capitolo, avvengono le stesse cose risapute: Larry viene pestato, poi all’improvviso, stavolta senza massaggio al cuoio cappelluto, si rialza, diventa un leone sotto LSD, rallentatore, contromossa del serpente, calcio, doppio calcio, pugno, atterramento, calcioni in faccia e… vittoria!

Nel mondo di Karate Warrior, crudele, plumbeo, disilluso come in un Batman di Frank Miller, vigono regole ferree soprattutto nelle strutture ospedaliere, veri carceri nei quali la dimissione senza parere medico è al pari di un’evasione, punibile con pene durissime in veri blocchi d’isolamento. Perciò quando Larry, di sua spontanea volontà, decide di non affidarsi alle cure mediche per far scemare la terribile cacarella, scatta, in questo universo orwelliano, una vera caccia all’uomo tipo Prison break. A fine partita irromperanno i medici e gli infermieri a recuperare l’evaso, ma, come per la Morte in Dylan Dog, una vita vale un’altra e perciò se ne andranno col tramortito Bruce Wang, reinserito a forza nel sistema come in Arancia Meccanica, quello che è certo è che nessuno lo vedrà mai più. Almeno nella serie cinematografica.

https://youtu.be/zIAuuCNUAi4

A stemperare questa grande critica sociale, studiata in alcune scuole di cinema del Burkina Faso, ci pensa la regia alla Billy Wilder di Fabrizio De Angelis: solito giro finale sullo yacht e, mentre David Warbeck e moglie pomiciano, da dietro un numero di Duck Tales spunta il testone del Paperon De’ Paperoni di Miami, il nonno di Betty, il signor Nolan. Hitchcock che incontra Kubrick?

Il ragazzo dal kimono d’oro 5 (1992)

La saga  comincia a farsi sempre più uguale e ripetitiva, senza mai guizzi né da parte del regista né della sceneggiatrice. Con Karate Warrior 5 abbiamo stavolta, per differenziare un film che prosegue sostanzialmente per inerzia e invenzioni cretine, un altro cattivo, l’ennesimo, il gigante d’ebano Alabama Bull.

Non serve capire il perché si arrivi allo scontro tra Larry e questo energumeno, tanto è certo che avverrà, può essere come qui il rapimento di Betty come una cosa scelta a caso nell’infinita ruota delle probabilità della vita, la voce grossa al supermercato, il cazzo piccolo nelle docce e voilà “Ti sfido Larry Jones“.

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Ritroviamo, nella prima scena, un disilluso Joe Carson seduto, con i suoi unici due amici rimasti, sul ciglio di un marciapiede, mentre sbotta “Ho capito! Il Drago di Seul poteva vincere ma non l’ha fatto!“. Il nostro villain preferito è in miseria e si lamenta perché deve pagare le ultime rate della moto e non ci riesce. Eppure nel terzo capitolo lo ricordavamo ricco e capace di corrompere un giudice per umiliare Larry, ma, si sa, il mondo è una ruota, una volta sei sulla cresta, la volta dopo conosci la miseria. Comunque il trio assiste ad un furto d’auto nel parcheggio di un supermercato, inseguono il ladro fino ad uno sfasciacarrozze e lì fanno una proposta a lui e alla sua banda di tagliagole, tre loschi figuri, un obeso che mangia un panino, un rachitico occhialuto e un ricciolone fuori forma che maneggia minaccioso un crick. Oltre ovviamente al culturista nero che diventerà il nuovo grattacapo per il ragazzo dal kimono d’oro.

  • Come si chiama il negro?
  • Ned
  • Da dove vieni, Ned?”
  • Askalusa, Alabama
  • Ah sì? Da ora in poi sarai il toro dell’Alabama. Io non vi denuncerò ma ad una condizione: Ned deve allenarsi e sfidare un mio compagno di classe, Larry Jones, spezzargli l’osso del collo. Io non posso farlo perché sono in libertà vigilata“.

Probabilmente Joe Carson, dopo aver rubato da Akai Masura con Bruce Wang, è stato arrestato, ma di questo ne sappiamo poco e nulla, come non sappiamo alla fine che ci guadagnerà a rompere le palle per la quarta volta al nostro Karate Warrior. Di certo non i soldi perché afferma “Se vince l’incontro, Alabama può tenersi i 1000 dollari di vincita“. E le rate della moto? Quello che abbiamo capito, film dopo film, però è che, per far muovere il culo a Larry Jones, più che l’onore ci dev’essere un montepremi che lo salvi da una situazione difficile, inventata lì lì sul momento dagli sceneggiatori. In questo lui e Joe Carson sono uguali.

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A far accettare però la proposta, e non far legnare di botte il trio di scemotti dalla banda di tagliagole obesi, è la frase “Larry Jones è un pallone gonfiato, se la tira perché sta con Betty Nolan“. Allora il panzone che mangia avidamente un panino strabuzza gli occhi in pura scuola Christopher Alan “Nolan? Come il miliardario? Paperon De’ Paperoni?“. Joe Carson risponde lesto “Si lui. Betty è l’adorata nipote“. Affare fatto anche perché la nuova Banda Bassotti dello smercio delle auto ha un piano e che piano!

Ad interpretare Alabama Bull è Marty Wright, meglio conosciuto con il ring-name di The Boogeyman, futuro wrestler statunitense, noto per i suoi trascorsi nella World Wrestling Entertainment (WWE) tra il 2005 e il 2009. La colonna sonora che accompagnava il suo ingresso era la suggestiva The Horror di Jim Johnston, un tema dai toni afro che i fan ricordano ancora con nostalgia. La sua carriera di attore conta, oltre ai film di De Angelis, le comparse in Ogni maledetta domenica di Oliver Stone, ne Le riserve di Howard Deutch e in Transporter Extreme di Louis Leterrier. Sicuramente più bravo come wrestler che come attore, Marty Wright risulta goffo e impacciato come atleta marziale in una fisicità da culturista troppo trasbordante per essere credibile.

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In questo quinto capitolo, più che negli altri, si percepisce che a Fabrizio De Angelis gli importa ben poco della parte sportiva, lasciata in un angolo e recuperata solo perché il film si chiama Il ragazzo dal kimono d’oro. Questo elemento emergerà prepotentemente nella serie tv spin off su Karate Warrior che da lì a poco zio Silvio Berlusconi produrrà per le sue reti. Probabilmente i film della serie erano stati un buon successo di vendite e noleggio in home video e allora si pensò, forte magari anche dei buoni ascolti in televisione, di regalare a Larry Jones altri sei film tv completamente indistinguibili per fattura e durata da quelli per il cinema. Fu un disastro ovviamente, ma su questo ci torneremo.

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Il ragazzo dal Kimono d’oro 5 dedicherà alla parte agonistica si e no mezz’ora e tutto in maniera molto sbrigativa, non aiutato ovviamente dalla regia sciatta e disinteressata del regista. Ad emergere  prepotente è una sottotrama che vuole come protagonista il goffo Leo interpretato da Scotty Daffron, intento, come una sorta di Cico zagoriano, a cacciarsi nell’ennesimo guaio, questa volta la gara dell’ambito premio del re dei ciccioni. Mentre beve frullati di grasso di foca accompagnato da una insopportabile fidanzata, grassa anche lei ma con vestiti larghi posticci per far percepire la sciattezza dell’insieme, i tre della Banda Bassotti, senza ovviamente Alabama Bull che si sta allenando, lo coinvolgeranno in un sequestro di persona. Ad essere rapita ovviamente è Betty, rinchiusa in un camper abbandonato nella discarica del trio di malfattori, e totalmente scema, tanto da cadere nella trappola cretina dei criminali: il più grasso, coperto da un passamontagna, grugnendo e vestendosi con i vestiti da re dei ciccioni, sarà scambiato appunto per il povero Scotty Daffron che invece si ingozza in qualche bar attentando al suo colesterolo. Alla faccia dell’amicizia e della fiducia, la ragazza lo apostroferà con “Leo sei tu! Ti ho scoperto! Maledetto, ti arresteranno!“. Tutto ovviamente perché la spalla comica della serie è grasso e De Angelis è un po’ come il Dottor Lemme: lui gli obesi li odia e li tratta male.

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Se pensate però che solo Betty sia impazzita, vi smentirò: tutti quelli che incrociano il finto amico rapitore lo scambiano per Leo con le solite frasi rancorose, un sentimento rabbioso che, probabilmente, covano da anni. Lo dicevo io che qui ci sono i semi delle grandi tavolate di odio del cinema a venire di Ozpetek.

Il piano si incretinisce di più (o infittisce) quando la banda di gaglioffi, a sfregio della logica narrativa, si faranno mettere i soldi del riscatto in un cartone della pizza, consegnato all’ignaro Leo e sostituito senza che il ragazzone se ne accorga, in una sequenza di rara coglioneria concettuale, con un cartone di pizza vero. A nulla servono le domande, le miriadi di incognite che la sceneggiatrice Olga Pehar sorvola (e se quella sera al nostro amico non gli fosse andata la pizza? E se un altro ragazzo sovrappeso l’avesse presa? E se… E se… E se…), tutto è semplice come un numero di Tiramolla mese e come tale anche abbastanza scemo. Tant’è però che la polizia ci crede e arresterà sia Leo che la sua fidanzata torchiandoli, lampadina in faccia, come nei migliori polizieschi al La Pallottola spuntata. Ovviamente nessuno ha contato che, in tutto questo lasso di tempo, il buon Scotty Daffron ha mille alibi essendo stato sempre o al bar a mangiare o alle riunioni del club dei ciccioni.

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Zio Paperone

Naturalmente questo sottoplot si risolverà grazie a Larry che, calci in faccia, uatà, manderà a tappeto il trio di deficenti, non prima però di aver subito la visione di un cane che fa le feste doppiato come se ringhiasse.

Intanto Alabama Bull si allena con Joe Carson in allucinanti sequenze sulla spiaggia: sembrano tutto forchè atleti, vicini al concetto di amici gay che cercano il contatto fisico spruzzandosi addosso acqua e gettandosi festosi nel mare. Sicuramente è un limite nostro perché il maestro Akai Masura commenta la visione omo dei due con “E‘ un buon avversario suo stile rozzo ma efficace“. Solo che Larry è disilluso, fuori forma e preoccupato per Betty, ma il sensei lo rassicura “Prima tu vinci battaglia con mente poi battaglia vera“. Quindi stavolta gli insegna il doppio colpo del drago: su un pungiball è segnato un puntino e lui, con tutta l’energia del corpo, deve colpirlo. Dopo qualche tentativo, lo scoordinato Ron Williams riesce con una mossa uguale alle altre sbagliate. Ora è pronto.

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Il combattimento finale è uguale ai precedenti, reso un po’ più vivace dal fatto che Alabama Bull continua ad urlare come un forsennato insulti a Larry, messo come sempre al tappeto prima della sua, solita e noiosa, vittoria repentina. Anche il solito slow motions per il doppio colpo del drago fa sbadigliare.

Torna in versione cammeo anche David Warbeck ma la sua presenza, come al solito è inutile. Dispiace vederlo così sprecato ma a De Angelis non sembra importare molto.

https://youtu.be/U14LDkVnc5I

Come premio per la vittoria, il nonno di Betty regala un biglietto aereo per tutta la combriccola a Los Angeles, ma anche, e soprattutto, un nuovo kimono d’oro a Larry, uguale all’altro e assolutamente inutile. D’altronde non dimentichiamo che la tunica di combattimento era proprietà del buon Kimura e della sua famiglia da secoli, un simbolo più che un oggetto e che Kim Stuart, da ingrato, ha abbandonato, come uno straccio vecchio, nel terzo film. Comunque di questo secondo kimono d’oro non se ne saprà più nulla.

Il film termina con l’arresto di Joe Carson e dell’amico, coinvolti nel rapimento di Betty, ma soprattutto finalmente, se qualcuno fosse stato curioso, si racconta la genesi del soprannome paperinesco del signor Nolan. La nipote tra le braccia dell’amato Larry tirerà fuori una foto in bianco e nero di Vivien Leigh, la star di Via col vento, datata 1954: “Grazie per quello che hai fatto per me, Paperon De’ Paperoni“. Quel birbante del signor Nolan, prima Gilda e poi Rossella O’ Hara!

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Il ragazzo dal kimono d’oro esce in vhs 23 Marzo 1992 e all’estero ormai sembra si sia abbandonata la dicitura Karate Kimura. Dopo questo capitolo verrà la televisione per fortuna o sfortuna nostra.

Il ragazzo dal kimono d’oro – la serie (1992)

Come già detto, il successo dei primi 5 film genera una serie tv dalla sfortunata esistenza. Venerdì 6 novembre 1992 viene trasmesso il primo episodio, Il texano, e la settimana dopo, Il ritorno di Joe Carson, ma i restanti capitoli restano inediti a causa dello scarso share. Torneranno dall’inferno degli inediti, come il ciclo Alta tensione di Lamberto Bava, a tarda notte, sembra stando a leggere Sorrisi e Canzoni dell’epoca, nel 1998 tra Dicembre e Gennaio.

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Fatto sta che la serie non è molto dissimile dagli episodi cinematografici: inizia, al posto del montaggio del film precedente, con una sigla abbastanza orecchiabile dei Fratelli De Angelis, e continua nel solito schema di sfidante nuovo e confronto finale. Ci sono tutti i personaggi, compreso l’abbandonato Greg, il riccioluto ex fidanzato di Julie, la sorella di Larry, e, nel terzo film, La sfida degli skinhead, abbiamo pure la redenzione di Joe Carson che qui in avanti sarà il personaggio più instabile della serie, una sorta di Dottor Jeckill e Mister Hyde, bullo e molesto nell’anima ma buono per esigenze di copione.

Torna Alabama Bull in I gemelli rock, quarto episodio, passando però stavolta da sfidante ad allenatore dei nuovi contendenti, due sciroccati senza arte né parte.

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Larry cattivo

La scrittura, ormai opera solo di De Angelis, tocca punte di squallore totale soprattutto nel quinto segmento, Vacanze ai Caraibi, una trama scioccherella che appiccica con lo sputo un cattivo, un tale Mortarito, figura di villain ormai mortificata, ridotta a pura appendice a favore di una sottotrama piratesca inutile e svilente. Larry si scontra con lui e lo batte senza che nulla generi il pathos o l’attenzione dello spettatore. Ormai la serie è allo sbando di idee e il suo autore sembra solo interessato ad toccare i canonici 80 minuti di durata, giustificando lo scarso interesse del pubblico.

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Più sangue

Molti attori poi sono indecifrabili, non presenti nei titoli di testa o di coda, come nel caso del già citato Mortarito o delle due amiche di Joe Carson, Melissa e Maggie, bullette mai davvero rendente e spesso e volentieri presenti in abiti attillati, due ragazze comunque oltre il bello, more, alte, formose. Una di loro sembra oltretutto la bellissima e sconosciuta Sarah Brooks che interpretò lo spin off  – La ragazza d’acciaio al fianco di Richard Goon/Akai Masura, ma non ci sono prove.

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Bellezze sconosciute
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momento lesbo quasi raggiunto
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– Adoro infilarmi nuda sotto le coperte
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– Anche io (ovviamente qui De Angelis stacca)
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Bellezze sconosciute
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Bellezze sconosciute
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Sarah Brooks?

Vengono introdotti nuovi personaggi come alcuni professori del Liceo e una fidanzata, la zia mai sentita di Betty, per Akai Masura. Si affrontano temi più impegnati tipo il bullismo nelle scuole elementari, il razzismo nella figura di un gruppo di skinheads anche senza essere comunque teste rasate o i problemi degli invalidi, in questo caso un comicissimo Joe Carson che si rompe la spina dorsale da solo, ma non temete, come Batman, guarirà. Ovviamente nessuna di queste tematiche è approfondita e serviranno soprattutto per costruire macchiette comiche come il bambino orientale che combatte i teppisti che lo perseguitano a colpi di arti marziali. Probabilmente si sente l’esigenza di dare un messaggio agli spettatori, alla luce anche di una serie di successo come I ragazzi del muretto, che proprio in quegli anni spopolava sulla Rai e che sembra molte volte il riferimento di De Angelis.

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Tette

La sorpresa però avviene nel sesto episodio, L’ultima sfida, probabilmente il miglior Ragazzo dal kimono d’oro dai tempi del primo Kim Stuart. Stavolta i limiti di un prodotto tv vengono aggirati a favore di una pellicola dal respiro finalmente cinematografico con persino dei nudi e un tentativo di trasformare Larry in un antieroe, arrabbiato, cupo e iracondo, non dissimile al Peter Parker di Spiderman 3 sotto l’effetto di Venom, solo che lui rimbambisce solo perché una stangona svedese gliela da’! Ovviamente Betty lo teneva a stecchetto. Anche i combattimenti con il nuovo sfidante straniero ricordano la lezione di Ivan Drago del quarto Rocky: più selvaggi e sanguinosi. Possiamo dire, senza ombra di dubbio, che, sorvolando la regia ancora sbarazzina di De Angelis, siamo davanti ad un prodotto divertente, finalmente, che raggiunge, forse per la prima volta, dopo tanto tempo, la sufficienza piena.

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Lo svedese
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Niels Lundgren
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I gemelli Rock e Alabama Bull
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Un Joe Carson figlio di Gesù
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Uno skinhead del mondo di De Angelis
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Un altro skinhead che odia i messicani ed è messicano
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Mortarito

In questo episodio poi si cerca di superare il cliché del grassone bullizzato e destinato ad una vita di umiliazioni: Leo farà innamorare di sé una svedese carinissima, la sposerà e diventerà un miliardario. Un lieto fine che chiude il ciclo del personaggio più vituperato della storia del cinema e della tv.

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Leo e il suo amore svedese

Il ragazzo dal kimono d’oro la serie è comunque una serie fuori dalla grazia di Dio con nemici grotteschi ed esagerati come i gemelli Rock, due taglialegna legati ad un laccio per “pensare come una sola persona”, o il Niels Lundgren de Il Texano che intende rubare l’ambito kimono d’oro per “far sì che la gente non guardi più la mia cicatrice“. Ah beh.

Tanto spazio poi viene dedicato alle gare di rollerblade con gioia per gli occhi soprattutto quando a gareggiare sono le statuarie amiche di Joe Carson.

Da questo telefilm fu tratto un libro scritto da Paul Kewar, chissà forse De Angelis sotto pseudonimo, che presentava in copertina il Larry cattivo de L’ultima sfida affiancato dalla fidanzata Betty e dalla conturbante svedese tettona.

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A quanto mi risulta questa serie tv non fu distribuita all’estero e tutt’oggi è di difficile recupero anche in Italia, soprattutto i primi due episodi, fornitomi però dall’amico Nicola Barillari, fonte inesauribile di sapere cinematografico.

Il ragazzo dal kimono d’oro 6 (1993)

A sorpresa nel 1993, la data d’uscita è misteriosa, esce in home video per la Avo Film Il Ragazzo dal kimono d’oro 6, girato tra Miami e la Grecia (Atene e l’isola di Hydra) che si dimentica completamente della serie tv precedente, segno di un prodotto concepito prima, congelato e riproposto in seguito.

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I motivi di questa mancata uscita sono imputabili soprattutto ad una pellicola orribile, simile per intreccio all’altrettanto tremendo Vacanze ai Caraibi dell’anno prima.

Come con Mortarito, cattivo incolore in una trama più interessata ad altro, facciamo la conoscenza di un bullo greco dal nome non da greco, Mustafà interpretato dall’italiano Raffaele Exiana che, abbandonata la carriera di attore, questa la sua unica modesta prova, si darà al design con successo in America, a Walla Walla. Come dargli torto?

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Mustafà

Per il resto la parte che interessa al regista è una truffa ai danni di Leo (non sposato con nessuna svedese ovviamente) da parte di un disonesto greco: gli viene fatto credere di poter fotografare una sirena, in realtà un uomo con la parrucca, e quindi viene derubato di tutti i suoi risparmi. Il combattimento con Mustafà è il solito pretesto per racimolare i soldi per permettere agli amici in vacanza in Grecia di potersene tornare negli States. Lasciando stare la cretineria della truffa, il film prosegue con un ritmo lento, più del già lento standard, e mancano all’appello alcuni personaggi chiave come il solito Joe Carson.

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Un uomo che fa la sirena

Il maestro Akai Masura più il resto della combriccola, Paperon De’ Paperoni compreso, arriveranno negli ultimi minuti, in tempo per assistere al noioso duello finale.

Facciamo la conoscenza anche di una ragazza greca, terrorizzata da Mustafà, che sembra avere una simpatia per Larry, un uomo capace, scopriremo, di rimontare una moto senza bisogno di chiavi inglesi o cacciaviti. Come non innamorarsi di lui? Anche lei però è una macchietta abbozzata e abbandonata all’arrivo di Betty che riprende il ruolo assoluto di girlfriend del protagonista.

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Una bella greca

Il ragazzo dal kimono d’oro 6, scritto ancora dal solo De Angelis, è la chiusura peggiore per una serie che ha vissuto di tanti bassi ma che alla fine abbiamo amato come un fratello un po’ ritardato che si metteva i petardi nel culo per fare ridere, generando solo sconforto.

L’ultima scena vede il povero Scotty Daffron pestato a sangue a causa di un tentativo di truffa ai danni di un emiro arabo. I suoi amici ridono spensierati mentre il rumore delle ossa spezzate del povero Leo coprono ogni rumore.

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Montare moto con le mani

La saga de Il ragazzo dal kimono d’oro è il riverbero di un cinema italiano allo sbando, a volte anarchico senza sapere cosa sia l’anarchia, arrivato sgarruppato negli anni 90 nella deriva dei generi verso la morte assoluta del prodotto popolare. Certo che è incredibile pensare come da un film nato ad imitazione di Karate Kid siano stati concepiti, senza mai una trama davvero degna di nota, ben 11 seguiti tra tv e cinema. Anche questa è magia.

Andrea Lanza

NOTA del 3 Marzo 2020:

Alla fine abbiamo trovato anche Joe Carson/Christopher Alan, il quale smessi i panni di attore si è riciclato nel mondo dei parcheggi automatizzati. Sua infatti è l’azienda californiana Autoparkit. Sembra, come detto che sia sposato, o stato sposato, con Dorian D. Field, e magari ora ci legge, strabuzzando gli occhi come solo sa fare lui, mentre abbraccia la sua bella. “Lanza, Son of a bitch!” lo sento urlare e mi sa che devo chiamare Akai Masura: due piatti in mano, una corsetta, qualche fendente contro il cielo e dovrei batterlo. Spero. 

Grazie al nostro lettore GUIDO per la dritta! 

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Commenti

  • Denis

    Mamma mia questo post è un capolavoro dedicato ha una saga immonda mi ricordo, il mal doppiaggio e le scene ridicole, secondo me non avevano sceneggiatura giravano delle scene scritte 5 minute prima per sfruttare i set, buona la prima e via, ma poi perchè non prendere almeno degli atleti e gli aggiustavi un pò al doppiaggio la mal recitazione, Marti Wright era una pippa sul ring, qui le righe del mio post su La cupa voliera del Conte Gracula " L’Uomo Nero: The Boogeyman, gimmick simile a quella di Papa Shango, con trucco alla Dart Maul e entrata con fumo verde, sveglia al collo che si rompeva in testa e mangiando vermi! Non sapeva fare molto sul ring, ma a me più che paura faceva morire dal ridere con la catch phrase (frase caratteristica) “I’m the Boogeyman and I’m comin’ to getcha!!! Gimmick interpretata da Martin Wright che, pensate, nel reality della WWE, Tough Enough, mentì sulla età (ne aveva 40 e il massimo era 35) ma fu girato al settore di sviluppo dove inventano la gimmick che interpreta dal 2004 fino al 2009, riuscendo a farsi ricordare. Non male Maya e Quando Alice ruppe lo specchio, be nel Camping del terrore ci sono le tette della Brilli ma di Deodato di recente a notte fonda avevano trasmesso la serie Oceano rimasta inedita in Italia. Lemme me lo immagino sempre come il colonello Rhodes de Il giorno dei morti viventi , divorato dai grassoni urla "mangiate ciccioni".

    • andreaklanza

      Grazie, Denis, per i complimenti! Mi hai aperto un mondo nuovo e interessante sulla figura di Boogeyman, sfigato allora anche come atleta WWE. Il momento nel quale Lemme muore divorato dai ciccioni me lo porterò da ora, sempre, nel mio cuore

  • Lucius Etruscus

    Quanti ricordi.... Grazie di aver raccolto insieme l'intera saga, così quanto mi capita di citarla nel Zinefilo so chi linkare ^_^ Un giorno dovrò raccontare almeno il primo episodio, che riempì il mio cuore di ragazzo affamato (o meglio, in piena crisi di astinenza) di marzialità esotica: ti giuro che quando vidi il trailer del primo film mi sembrò un capolavoro senza tempo! Certo, poi a vederlo la delusione fu parecchia, ma con gli occhi degli anni Ottanta anche l'improponibile sembrava accettabile. Vorrei ricordare che all'epoca il ciuffo rosso su capelli di biondi di Mirko dei Bee-Hive sembrava fichissimo! E dall'altra parte dell'oceano c'erano Rocky e Apollo che correvano sulla spiaggia e si strusciavano con canottierine e pantaloncini inguinali che oggi sarebbero di cattivo gusto al gay pride :-D Altri tempi, altri gusti, ma sempre tantissima voglia di marzialità. Ah... quel libro ce l'ho pure io, ma in tanto anni non ho trovato il coraggio di leggerlo :-P

    • andreaklanza

      che commento epico e malinconico, Lucius. Sai che sono un collezionista di novelization e quando ho comprato quel libro ero super emozionato! Niente di che comunque, un po' come la serie tv e i film del kimono pigiama più buffo del cinema americano italiano

  • Guido

    Bellissimo articolo complimenti davvero. Comunque almeno il primo episodio io lo preferivo ai 3 karate kid, il mitico Kino i vari gionni lorens, maic barns e quell’altro se li mangia per colazione, non scherziamo? Solo un aggiunta, Christopher Alan è il titolare di Autoparkit, un azianda californiana che gestisce parcheggi automatizzati.

  • manfredi

    Un bellissimo articolo e un gran lavoro! Soprattutto per i collezionisti e i cinefili! Ho una domanda alla quale non sono riuscito a trovare una risposta. Come si chiama l'attore che interpreta BLADERUNNER in IL RAGAZZO DAL KIMONO 4 - LA SFIDA DEGLI SKINHEADS e che in questo articolo viene definito come "Un altro skinhead che odia i messicani ed è messicano"? Grazie a chiunque vorrà rispondermi.

    • andreaklanza

      Difficile saperlo. Il cast del Ragazzo dal kimono d'oro la serie è avvolto nel mistero. I credits sono lacunosi, su imdb, sullo stesso telefilm e non si sa chi sia chi. Se però capisco chi è l'attore ti rispondo!

      • manfredi

        Grazie andreaklanza , sei molto gentile. So che è difficile, ho anche usato la ricerca per immagini di Google, ma niente. Sono fiducioso, però. Se dovessi avere notizie, fammi sapere. Buona serata. M.

  • Gigione

    Grazie per questa ottima recensione mi hai fatto spanciare. Volevo chiedere invece che fine ha fatto l'attore Ron Williams?

  • Gigione

    Bella recensione, mi sono spanciato dalle risate. Ma il mitico Ron Williams che fine ha fatto? Non si trova traccia di lui sulla rete

    • andreaklanza

      L'articolo ha un po' di tempo sul groppone amico mio, ma ti prometto che presto o tardi farò un articolo solo sul mitico Ron Williams. Come si dice? Resta sintonizzato!

      • Gigione

        Grazie per la risposta, a me sta simpatico Ron Williams anche se la citica cinematografica è stata a dir poco impietosa verso di lui. Ci aggiorniamo

  • Gigione

    A proposito di spin off ho trovato in rete un karate rock con Greg (che è quello che hai citato) ma anche un karate kimura 3 in spagnolo con vari attori della saga (Betty, zio paperone, il papà di Larry, una specie di maestro Kimura giapponese....).

    • andreaklanza

      Ciao Gigione e benvenuto! Karate Kimura 3 è Karate rock, da noi uscito ai tempi per la Avo film in fase malata terminale. Non c'entra nulla con la saga di Larry ma condivide lo stesso regista, il meraviglioso e scalcagnato Larry Ludman/ Fabrizio De Angelis

      • Gigione

        Ciao Andrea, sì avevi ragione Karate rock e Karate Kimura son lo stesso film con protagonista Anton Sabato jr. , tutto sommato abbastanza godibile. Visto che sei un autentico cultore della saga ho notato che nel ragazzo del Kimono d'oro 4 il ragazzo della sorella di Larry è un certo sfigatissimo Bobby (mai visto prima) che poi scompare nel ragazzo del Kimono d'oro 5 dove torna magicamente rimpiazzato da Greg. MIsteri di Ludman

  • H.m Murdock

    Salve, bentrovato e grazie infinite per la genuina, vera, simpatica ed accurata recensione. Mi permetto, se posso, un piccolo appunto/domanda: l'episodio in cui Larry va in Grecia con gli amici e fa l'incontro con il greco é l'episodio 7? L'ho trovato caricato intero su facebook. Ne sei a conoscenza? Un abbraccio ed ancora complimenti

    • Andrea Lanza

      Ciao Murdock, la serie tv de Il ragazzo dal kimono d'oro si compone di sei episodi. L'unica trasferta in Grecia è in Il ragazzo dal kimono d'oro 6 che è l'ultimo capitolo della serie cinematografica, da noi, credo, uscito solo in vhs. Può essere che su facebook si siano confusi ed è facile in una serie tv così simile a quella cinematografica. Continua a leggerci!

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